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Passione
del Signore
L’agonia di Gesù nell’Orto
Meditazione di San Pio da Pietrelcina
Giunto al termine della
sua vita terrena il Divin Redentore, dopo averci lasciato tutto
se stesso in cibo e bevanda nel Sacramento d’Amore e nutriti
i suoi Apostoli delle sue Carni Immacolate, si avvia con i suoi
all’Orto degli Ulivi, luogo noto ai discepoli ed allo stesso
Giuda... Il suo Volto è soffuso di mestizia e di amore
insieme; le sue parole partono dall’intimo del suo Cuore.
Egli parla con profusione di affetti, incoraggia, conforta e promette
confortando, spiega i più profondi misteri della sua Passione.
Sempre, o Gesù, mi ha toccato il cuore questo tuo viaggio
dal Cenacolo all’Orto, per l’espansione di un amore
che si profonde e si fonde con gli amanti suoi, per l’espansione
di un amore che si avvia ad immolarsi per gli altri, per riscattarli
dalla schiavitù. Tu l’hai insegnato che non vi è
maggior prova d’amore che dare la propria vita per gli amici,
e tu sei ora per suggellare questa prova d’amore con l’immolazione
della tua vita. Chi non rimane compreso da sì generosa
oblazione?
Appressatosi il Divino Maestro all’Orto licenzia i discepoli,
prendendone solo tre, Pietro, Giacomo e Giovanni, per renderli
testimoni delle sue pene. Proprio quei tre che lo videro trasfigurato
sul Tabor tra Mosè ed Elia e lo confessarono Dio, avrebbero
ora la forza di riconoscerlo Uomo-Dio tra pene e tristezze mortali?
Entrato nell’Orto dice loro: «restate qui, vegliate
e pregate affinché non entriate in tentazione»; state
all’erta, par che dica loro, perché il nemico non
dorme: premunitevi contro di Lui con l’arma della preghiera,
affinché non possiate essere coinvolti ed indotti nel peccato.
è l’ora delle tenebre. Ciò raccomandato, si
allontana da loro quanto un tiro di pietra, e si prostra a terra.
Egli è estremamente triste: l’anima sua è
in preda ad indescrivibili amarezze. La notte è alta e
limpida, la luna splende nel cielo, lasciando nella penombra l’Orto,
sembra che proietti sulla terra sinistri bagliori, precursori
di cose gravi e sinistri avvenimenti, che fanno rabbrividire e
gelare il sangue nelle vene, sembra come tinta di sangue; un vento,
come foriero di prossima tempesta, agita gli ulivi, unito a quel
fruscìo di foglie penetra nelle ossa come annunzio di morte,
scendendo fino nell’anima, riempiendola di mortale mestizia.
Notte, la più orrenda che non ne sorgerà mai più
una eguale!... Che contrasto, o Gesù! Come fu bella la
notte del tuo Natale quando gli Angeli tripudianti annunziarono
la pace, cantando gloria; ed ora parmi che mesti ti fanno corona
tenendosi a rispettosa distanza, come rispettando la suprema angoscia
del tuo spirito. è questo il luogo ove giunse Gesù
per pregare. Egli priva l’umanità sacrosanta della
forza che le conferiva la Divinità, sottomettendola a tristezza
indefinibile, a debolezza estrema, a mestizia ed abbandoni, a
mortale angoscia. Rappresenta al suo Spirito tutto il martirio
della sua imminente Passione, che come un torrente straripante
si riversa nel suo Cuore e lo martoria, l’opprime e lo dilania.
Vede Egli per primo Giuda, discepolo suo, tanto da Lui amato,
che lo vende per sole poche monete, ch’è per appressarsi
all’Orto per tradirlo e consegnarlo in mano dei nemici.
Lui!... L’amico, il discepolo che poc’anzi aveva satollato
delle sue Carni... prostrato dinanzi a Lui gli aveva lavati i
piedi e stretti al suo Cuore, li aveva con fraterna tenerezza
baciati, come se a forza di amore volesse distoglierlo dall’empio
e sacrilego proposito o almeno, che commesso l’insano delitto,
rientrato in sé, rammentandosi delle tante prove d’amore,
si fosse pentito e salvato. Ma no, egli si perde e Gesù
piange la sua volontaria perdita. Si vede legato, trascinato dai
suoi nemici per le vie di Gerusalemme, per quelle stesse vie ove
pochi giorni innanzi era passato trionfalmente acclamato quale
Messia... Si vede innanzi ai Pontefici percosso, dichiarato da
essi reo di morte. Lui, l’autore della vita, si vede ancora
condotto da un tribunale all’altro in presenza di giudici
che lo condannano: vede il popolo suo, da Lui tanto amato e beneficato,
che l’insulta, lo maltratta e con urli infernali, con fischi,
con schiamazzi ne chiede la morte e la morte di Croce. Ne ascolta
le ingiuste accuse, vedesi condannato ai flagelli più spietati:
si vede coronato di spine, deriso, salutato qual re di burla,
schiaffeggiato. Si vede infine condannato alla ignominiosa morte
di Croce e salire il Calvario: sfinito sotto il peso di essa,
cadere più volte a terra esangue. Si vede, giunto al Calvario,
denudato, disteso sulla Croce; crocefisso spietatamente, elevato
su di essa, a vista di tutti; appeso a tre chiodi che gli squarciano
e gli dislogano e vene ed ossa e carne... Oh! Dio, che lunga agonia
di tre ore che dovrà straziarlo tra gli insulti di tutto
un popolo folle e spietato. Vede la sua gola e le sue viscere
bruciarsi dall’ardente sete e vede a questo straziante martirio
aggiungersi l’abbeveramento di aceto e fiele. Vede l’abbandono
del Padre, la desolazione della Madre appiè della Croce.
In ultimo la morte ignominiosa, fra due ladri, uno che lo riconosce
e lo confessa quale Dio e si salva, l’altro che lo bestemmia
e l’insulta e muore disperato. Vede Longino che si appressa
e per sommo insulto e disprezzo, Gli squarcia il costato e...
come tutti i mortali ancora subisce l’umiliazione del Sepolcro.
Tutto, tutto è schierato innanzi a Lui a tormentarlo e
Gesù si atterrisce; e questo terrore si impossessa del
suo Cuore Divino e lo attanaglia dilaniandolo. Egli trema come
preso da febbre altissima, lo spavento si impossessa ancora di
Lui ed il suo Spirito languisce in mortale tristezza. Egli, l’Agnello
innocente, solo, abbandonato in mano dei lupi, senza alcuna difesa...
Egli, il Figlio di Dio... L’Agnello votatosi spontaneamente
al sacrificio per la gloria di quello stesso Padre che l’abbandona
al furore delle potestà infernali, per la Redenzione del
genere umano; di quegli stessi suoi discepoli, che vilmente lo
abbandonano e fuggono da Lui come l’essere più pericoloso...
Ma Egli si ritrae?... No, sin dal principio tutto generosamente
abbraccia senza riserva. Com’è, e da che questo terrore?...
Questo mortale spavento? Ah! Egli ha esposto l’umanità
sua come bersaglio a ricevere su di sé tutti i colpi della
divina giustizia lesa per il peccato Egli sente al vivo nel nudo
spirito tutto ciò che deve soffrire, ogni singola colpa
che deve espiare con singola pena e si abbatte perché ha
lasciata l’umanità sua in preda a debolezza, a terrori,
a spaventi. Sembra agli estremi... Egli è prostrato col
volto sulla terra dinanzi alla Maestà del Padre suo. Quella
divina Faccia, che tiene estasiati in eterna ammirazione di sua
Bellezza gli Angeli ed i Santi del Cielo, è sulla terra
tutta sfigurata mio Dio! Mio Gesù! Non sei tu il Dio del
Cielo e della terra, eguale in tutto al Padre tuo, che ti umili
sino al punto di perder quasi le sembianze dell’uomo?! Ah…
sì, lo comprendo, è per insegnare a me superbo che,
per trattare col Cielo, devo inabissarmi nel centro della terra.
è per riparare ed espiare la mia alterigia, che tu ti profondi
così, dinanzi al Padre tuo; e per piegare il suo pietoso
sguardo sulla umanità, ritrattolo per la sua ribellione
a Lui. E per la tua umiliazione Egli perdona alla creatura superba...
Gesù si alza e volge al Cielo lo sguardo supplichevole
e mesto; eleva le sue braccia e prega. Mio Dio, di quale pallore
mortale è soffuso quel volto!... Egli prega quel Padre
che pare volgere altrove lo sguardo e pronto soltanto a colpirlo
colla sua vindice spada ed in tutto il suo furore qual Dio offeso.
Egli prega con tutta la fiducia di Figlio, ma conosce appieno
l’ufficio che Egli sostiene. Riconosce essere il solo che
con il sacrificio della sua vita può soddisfare la Divina
Giustizia e riconciliare la creatura con il Creatore. Egli lo
vuole ed efficacemente lo vuole. Si sente abbattuto, ma Egli lotta
accanitamente. Mio Gesù come potremo noi attingere forza
da te, se ti vediamo cosi sfinito ed abbattuto? Comprendo sì:
tutte le nostre debolezze hai prese per te. è per conferire
a noi la tua forza che ti abbatti così. è per insegnare
a noi che dobbiamo riporre solo in te la nostra fiducia nelle
lotte della vita, anche quando ci sembra che il Cielo sia chiuso
per noi.
Gesù estremamente oppresso grida al Padre: «Se è
possibile passi da me questo calice». è il grido
della natura che, oppressa, fiduciosa ricorre all’aiuto
del Cielo. Pur sapendo che non sarà esaudito in ciò
che domanda, perché Egli così vuole, Egli prega.
Mio Gesù, qual ne è la ragione perché tu
chiedi quello che non vuoi ti sia concesso? Il dolore e l’amore.
Ecco il grande segreto. Il dolore che ti opprime ti porta a chiedere
aiuto e conforto, ma l’amore per soddisfare la Giustizia
divina e ridarci a Dio, ti porta a gridare: «Non la mia,
ma la Tua volontà sia fatta». A questa preghiera
il Cielo si mantiene duro come di bronzo. Il suo Cuore esulcerato
ha bisogno di conforto: l’abbandono in cui versa, la lotta
che da solo sostiene pare che lo facciano andare in cerca di chi
lo conforti. Lentamente dunque si alza da terra e, quasi barcollante,
muove il passo. Si avvia verso i discepoli in cerca di conforto.
Ma! O delusione!... Li trova immersi in profondo sonno, sentesi
di più di essere solo in quella sconfinata solitudine del
suo Spirito.
Il suo Volto è tinto di mortale pallore, i suoi occhi languidi,
una tristezza indefinibile lo invade tutto. «La mia anima
è triste fino a morirne»... O Gesù, mio mallevadore
generoso, come mi scendono direttamente nel cuore queste tue parole!
Oh, se potessi io sollevarti e sostenerti! Gesù, Gesù!
L’amore lo rende carnefice di se stesso. Egli è svenuto
a terra, dal suo Volto, dalla sua Persona tutta, scorre sangue
fino a bagnare la terra. Dapprima io lo vedo a grandi gocce emettere
dai suoi pori, poi riunendosi scorrere dalla sua persona come
rivoletti a terra. Non più col Volto a terra Egli è,
ma con le mani giunte distese, le braccia rilasciate lunghe a
terra, gettato sul fianco sinistro, tutto disteso, in mortale
abbandono, col Volto e la persona nel suo Sangue, il Volto ne
è tutto intriso, gli occhi semichiusi e quasi spenti, la
bocca semiaperta, il petto, prima ansante, ora affievolito, or
quasi del tutto cessato di battere. Gesù, adorato Gesù,
ch’io muoia accanto a Te!... Sì, o Gesù, ti
tocca bere il Calice sino alla feccia, ormai sei votato alla morte
più straziante!... Ma ecco che Gesù si leva da terra,
forte ed invincibile, quale leone in battaglia, ecco ora quel
Gesù, che anelante desiderava questo banchetto di Sangue
«desiderio desideravi», si ravvia le chiome scarmigliate,
rasciuga il suo Volto bagnato di sangue e forte e deciso si avvia
verso l’uscita dell’Orto... Gesù si avvicina
ai tre Apostoli; essi dormono ancora... «Basta così;
l’ora è venuta; il Figliuolo dell’Uomo sarà
dato nelle mani dei peccatori: alzatevi, andiamo. Colui che deve
tradirmi è vicino»... è giunta l’ora
mia, l’ora di grande misericordia per l’umanità.
O Gesù... Che lo spirito mio non abbia altra brama che
vivere al tuo fianco nell’Orto e saziarsi nelle pene del
tuo Cuore; l’anima mia s’inebri del tuo Sangue e si
cibi con te col pane dei tuoi dolori... Così sia.
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