Parrocchia San Nicola da Bari Mentana (Roma)

Gruppo di preghiera San Pio da Pietrelcina

 

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Passione del Signore

L’agonia di Gesù nell’Orto
Meditazione di San Pio da Pietrelcina

Giunto al termine della sua vita terrena il Divin Redentore, dopo averci lasciato tutto se stesso in cibo e bevanda nel Sacramento d’Amore e nutriti i suoi Apostoli delle sue Carni Immacolate, si avvia con i suoi all’Orto degli Ulivi, luogo noto ai discepoli ed allo stesso Giuda... Il suo Volto è soffuso di mestizia e di amore insieme; le sue parole partono dall’intimo del suo Cuore. Egli parla con profusione di affetti, incoraggia, conforta e promette confortando, spiega i più profondi misteri della sua Passione.
Sempre, o Gesù, mi ha toccato il cuore questo tuo viaggio dal Cenacolo all’Orto, per l’espansione di un amore che si profonde e si fonde con gli amanti suoi, per l’espansione di un amore che si avvia ad immolarsi per gli altri, per riscattarli dalla schiavitù. Tu l’hai insegnato che non vi è maggior prova d’amore che dare la propria vita per gli amici, e tu sei ora per suggellare questa prova d’amore con l’immolazione della tua vita. Chi non rimane compreso da sì generosa oblazione?
Appressatosi il Divino Maestro all’Orto licenzia i discepoli, prendendone solo tre, Pietro, Giacomo e Giovanni, per renderli testimoni delle sue pene. Proprio quei tre che lo videro trasfigurato sul Tabor tra Mosè ed Elia e lo confessarono Dio, avrebbero ora la forza di riconoscerlo Uomo-Dio tra pene e tristezze mortali? Entrato nell’Orto dice loro: «restate qui, vegliate e pregate affinché non entriate in tentazione»; state all’erta, par che dica loro, perché il nemico non dorme: premunitevi contro di Lui con l’arma della preghiera, affinché non possiate essere coinvolti ed indotti nel peccato. è l’ora delle tenebre. Ciò raccomandato, si allontana da loro quanto un tiro di pietra, e si prostra a terra. Egli è estremamente triste: l’anima sua è in preda ad indescrivibili amarezze. La notte è alta e limpida, la luna splende nel cielo, lasciando nella penombra l’Orto, sembra che proietti sulla terra sinistri bagliori, precursori di cose gravi e sinistri avvenimenti, che fanno rabbrividire e gelare il sangue nelle vene, sembra come tinta di sangue; un vento, come foriero di prossima tempesta, agita gli ulivi, unito a quel fruscìo di foglie penetra nelle ossa come annunzio di morte, scendendo fino nell’anima, riempiendola di mortale mestizia. Notte, la più orrenda che non ne sorgerà mai più una eguale!... Che contrasto, o Gesù! Come fu bella la notte del tuo Natale quando gli Angeli tripudianti annunziarono la pace, cantando gloria; ed ora parmi che mesti ti fanno corona tenendosi a rispettosa distanza, come rispettando la suprema angoscia del tuo spirito. è questo il luogo ove giunse Gesù per pregare. Egli priva l’umanità sacrosanta della forza che le conferiva la Divinità, sottomettendola a tristezza indefinibile, a debolezza estrema, a mestizia ed abbandoni, a mortale angoscia. Rappresenta al suo Spirito tutto il martirio della sua imminente Passione, che come un torrente straripante si riversa nel suo Cuore e lo martoria, l’opprime e lo dilania. Vede Egli per primo Giuda, discepolo suo, tanto da Lui amato, che lo vende per sole poche monete, ch’è per appressarsi all’Orto per tradirlo e consegnarlo in mano dei nemici. Lui!... L’amico, il discepolo che poc’anzi aveva satollato delle sue Carni... prostrato dinanzi a Lui gli aveva lavati i piedi e stretti al suo Cuore, li aveva con fraterna tenerezza baciati, come se a forza di amore volesse distoglierlo dall’empio e sacrilego proposito o almeno, che commesso l’insano delitto, rientrato in sé, rammentandosi delle tante prove d’amore, si fosse pentito e salvato. Ma no, egli si perde e Gesù piange la sua volontaria perdita. Si vede legato, trascinato dai suoi nemici per le vie di Gerusalemme, per quelle stesse vie ove pochi giorni innanzi era passato trionfalmente acclamato quale Messia... Si vede innanzi ai Pontefici percosso, dichiarato da essi reo di morte. Lui, l’autore della vita, si vede ancora condotto da un tribunale all’altro in presenza di giudici che lo condannano: vede il popolo suo, da Lui tanto amato e beneficato, che l’insulta, lo maltratta e con urli infernali, con fischi, con schiamazzi ne chiede la morte e la morte di Croce. Ne ascolta le ingiuste accuse, vedesi condannato ai flagelli più spietati: si vede coronato di spine, deriso, salutato qual re di burla, schiaffeggiato. Si vede infine condannato alla ignominiosa morte di Croce e salire il Calvario: sfinito sotto il peso di essa, cadere più volte a terra esangue. Si vede, giunto al Calvario, denudato, disteso sulla Croce; crocefisso spietatamente, elevato su di essa, a vista di tutti; appeso a tre chiodi che gli squarciano e gli dislogano e vene ed ossa e carne... Oh! Dio, che lunga agonia di tre ore che dovrà straziarlo tra gli insulti di tutto un popolo folle e spietato. Vede la sua gola e le sue viscere bruciarsi dall’ardente sete e vede a questo straziante martirio aggiungersi l’abbeveramento di aceto e fiele. Vede l’abbandono del Padre, la desolazione della Madre appiè della Croce. In ultimo la morte ignominiosa, fra due ladri, uno che lo riconosce e lo confessa quale Dio e si salva, l’altro che lo bestemmia e l’insulta e muore disperato. Vede Longino che si appressa e per sommo insulto e disprezzo, Gli squarcia il costato e... come tutti i mortali ancora subisce l’umiliazione del Sepolcro. Tutto, tutto è schierato innanzi a Lui a tormentarlo e Gesù si atterrisce; e questo terrore si impossessa del suo Cuore Divino e lo attanaglia dilaniandolo. Egli trema come preso da febbre altissima, lo spavento si impossessa ancora di Lui ed il suo Spirito languisce in mortale tristezza. Egli, l’Agnello innocente, solo, abbandonato in mano dei lupi, senza alcuna difesa... Egli, il Figlio di Dio... L’Agnello votatosi spontaneamente al sacrificio per la gloria di quello stesso Padre che l’abbandona al furore delle potestà infernali, per la Redenzione del genere umano; di quegli stessi suoi discepoli, che vilmente lo abbandonano e fuggono da Lui come l’essere più pericoloso... Ma Egli si ritrae?... No, sin dal principio tutto generosamente abbraccia senza riserva. Com’è, e da che questo terrore?... Questo mortale spavento? Ah! Egli ha esposto l’umanità sua come bersaglio a ricevere su di sé tutti i colpi della divina giustizia lesa per il peccato Egli sente al vivo nel nudo spirito tutto ciò che deve soffrire, ogni singola colpa che deve espiare con singola pena e si abbatte perché ha lasciata l’umanità sua in preda a debolezza, a terrori, a spaventi. Sembra agli estremi... Egli è prostrato col volto sulla terra dinanzi alla Maestà del Padre suo. Quella divina Faccia, che tiene estasiati in eterna ammirazione di sua Bellezza gli Angeli ed i Santi del Cielo, è sulla terra tutta sfigurata mio Dio! Mio Gesù! Non sei tu il Dio del Cielo e della terra, eguale in tutto al Padre tuo, che ti umili sino al punto di perder quasi le sembianze dell’uomo?! Ah… sì, lo comprendo, è per insegnare a me superbo che, per trattare col Cielo, devo inabissarmi nel centro della terra. è per riparare ed espiare la mia alterigia, che tu ti profondi così, dinanzi al Padre tuo; e per piegare il suo pietoso sguardo sulla umanità, ritrattolo per la sua ribellione a Lui. E per la tua umiliazione Egli perdona alla creatura superba...
Gesù si alza e volge al Cielo lo sguardo supplichevole e mesto; eleva le sue braccia e prega. Mio Dio, di quale pallore mortale è soffuso quel volto!... Egli prega quel Padre che pare volgere altrove lo sguardo e pronto soltanto a colpirlo colla sua vindice spada ed in tutto il suo furore qual Dio offeso. Egli prega con tutta la fiducia di Figlio, ma conosce appieno l’ufficio che Egli sostiene. Riconosce essere il solo che con il sacrificio della sua vita può soddisfare la Divina Giustizia e riconciliare la creatura con il Creatore. Egli lo vuole ed efficacemente lo vuole. Si sente abbattuto, ma Egli lotta accanitamente. Mio Gesù come potremo noi attingere forza da te, se ti vediamo cosi sfinito ed abbattuto? Comprendo sì: tutte le nostre debolezze hai prese per te. è per conferire a noi la tua forza che ti abbatti così. è per insegnare a noi che dobbiamo riporre solo in te la nostra fiducia nelle lotte della vita, anche quando ci sembra che il Cielo sia chiuso per noi.
Gesù estremamente oppresso grida al Padre: «Se è possibile passi da me questo calice». è il grido della natura che, oppressa, fiduciosa ricorre all’aiuto del Cielo. Pur sapendo che non sarà esaudito in ciò che domanda, perché Egli così vuole, Egli prega. Mio Gesù, qual ne è la ragione perché tu chiedi quello che non vuoi ti sia concesso? Il dolore e l’amore. Ecco il grande segreto. Il dolore che ti opprime ti porta a chiedere aiuto e conforto, ma l’amore per soddisfare la Giustizia divina e ridarci a Dio, ti porta a gridare: «Non la mia, ma la Tua volontà sia fatta». A questa preghiera il Cielo si mantiene duro come di bronzo. Il suo Cuore esulcerato ha bisogno di conforto: l’abbandono in cui versa, la lotta che da solo sostiene pare che lo facciano andare in cerca di chi lo conforti. Lentamente dunque si alza da terra e, quasi barcollante, muove il passo. Si avvia verso i discepoli in cerca di conforto. Ma! O delusione!... Li trova immersi in profondo sonno, sentesi di più di essere solo in quella sconfinata solitudine del suo Spirito.
Il suo Volto è tinto di mortale pallore, i suoi occhi languidi, una tristezza indefinibile lo invade tutto. «La mia anima è triste fino a morirne»... O Gesù, mio mallevadore generoso, come mi scendono direttamente nel cuore queste tue parole! Oh, se potessi io sollevarti e sostenerti! Gesù, Gesù! L’amore lo rende carnefice di se stesso. Egli è svenuto a terra, dal suo Volto, dalla sua Persona tutta, scorre sangue fino a bagnare la terra. Dapprima io lo vedo a grandi gocce emettere dai suoi pori, poi riunendosi scorrere dalla sua persona come rivoletti a terra. Non più col Volto a terra Egli è, ma con le mani giunte distese, le braccia rilasciate lunghe a terra, gettato sul fianco sinistro, tutto disteso, in mortale abbandono, col Volto e la persona nel suo Sangue, il Volto ne è tutto intriso, gli occhi semichiusi e quasi spenti, la bocca semiaperta, il petto, prima ansante, ora affievolito, or quasi del tutto cessato di battere. Gesù, adorato Gesù, ch’io muoia accanto a Te!... Sì, o Gesù, ti tocca bere il Calice sino alla feccia, ormai sei votato alla morte più straziante!... Ma ecco che Gesù si leva da terra, forte ed invincibile, quale leone in battaglia, ecco ora quel Gesù, che anelante desiderava questo banchetto di Sangue «desiderio desideravi», si ravvia le chiome scarmigliate, rasciuga il suo Volto bagnato di sangue e forte e deciso si avvia verso l’uscita dell’Orto... Gesù si avvicina ai tre Apostoli; essi dormono ancora... «Basta così; l’ora è venuta; il Figliuolo dell’Uomo sarà dato nelle mani dei peccatori: alzatevi, andiamo. Colui che deve tradirmi è vicino»... è giunta l’ora mia, l’ora di grande misericordia per l’umanità. O Gesù... Che lo spirito mio non abbia altra brama che vivere al tuo fianco nell’Orto e saziarsi nelle pene del tuo Cuore; l’anima mia s’inebri del tuo Sangue e si cibi con te col pane dei tuoi dolori... Così sia.