Parrocchia San Nicola da Bari Mentana (Roma)

Gruppo di preghiera San Pio da Pietrelcina

 

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Digiuno e tentazioni

Mt 4,1-11
Gesù digiuna per quaranta giorni nel deserto ed è tentato

Il digiuno di Padre Pio è stato un digiuno che non ha conosciuto la comune sofferenza della privazione: era un digiuno mistico accompagnato dalla sua disinvoltura e serenità nel non poter mangiare.
I suoi digiuni, annessi al proprio modo di vivere, appartenevano allo spirito di sacrificio che nessuno riusciva a comprendere nello stato reale perché egli mai si esaltava per mettersi in mostra. Il padre quindi aveva accolto l'insegnamento di Gesù sul digiuno, che praticava con lo stesso amore e dedizione speciale con cui osservava gli altri insegnamenti.
Come Gesù, infatti, offriva i suoi digiuni mistici al Padre Celeste per far sì che la continua offerta lo inchiodasse alla Croce di vittima d'amore, in pieno nascondimento perché, conoscendo il grande valore del nascondimento in Dio, non amava essere ammirato dagli uomini.
Gesù ci ha insegnato il digiuno e Padre Pio l'ha osservato alla lettera per lasciarci il segno tangibile di un digiuno ben gradito a Dio, fatto con amore e senza la minima ombra di vanagloria: come quello dei quaranta giorni di Gesù nel deserto.
Fra Modestino da Pietrelcina


«Le tentazioni sono più che mai accanite contro di me. Mi affliggono grandemente. Non per la continua violenza che mi debbo fare, ma per la loro bruttezza e continuata ostilità e per il grande timore di offendere Dio da un momento all'altro, poiché ci sono dei momenti in cui mi trovo sull'orlo del precipizio. Perfino durante le ore del riposo, il demonio non lascia di affliggermi l'anima in vari modi.» A padre Benedetto.

«Non so poi come ringraziare il nostro caro Gesù che tanta forza e coraggio mi dà nel sopportare non solo le tante infermità che mi manda, ma ancora le continue tentazioni che egli purtroppo permette e che di giorno in giorno vanno sempre moltiplicandosi. Queste tentazioni mi fanno tremare da capo a piedi al pensiero di offendere Dio.» A padre Benedetto.

«Il nemico fa tutti i suoi sforzi per indurmi ad acconsentire ai suoi empi disegni. E in special modo questo spirito maligno cerca con ogni sorta di fantasmi di introdurmi nel cuore pensieri di immondezza e di disperazione. Mi va rappresentando sotto i più tetri aspetti il quadro della mia vita. Massimamente secolare. In una parola, padre mio, mi trovo proprio nella mani del demonio, il quale vorrebbe strapparmi dalla mani di Gesù.» A padre Benedetto.

«È vero che il demonio non può darsi requie per farmi perdere la pace dell'anima e scemare in me quella santa fiducia che ho nella Divina Misericordia. E ciò principalmente si sforza di ottenerlo a mezzo delle continue tentazioni contro la santa purità che va suscitando nella mia immaginazione, e alle volte anche nel semplice sguardo delle cose non dico sante, ma almeno indifferenti.» A padre Benedetto.

«Abbiate la bontà di ascoltare qual è il mio presente stato e vi prometto di farlo brevemente. La battaglia è ripresa con più accanimento. Il mio spirito da più giorni è immerso nelle più fitte tenebre. Pensieri di bestemmie mi attraversano di continuo la mente e più ancora suggestioni, infedeltà e miscredenze. Io mi sento trafiggere l'anima e muoio in tutti gli istanti della vita.»
A padre Benedetto.

«Mentre mi addoloro e prego, sento anche una spirituale gioia per il singolarissinno amore che Gesù vi porta. Contrassegno certo di questo amore è la tempesta che rugge sul vostro capo e vi sconvolge tutta. Non crediate che questa sia una mia personale convinzione. E Dio stesso che avverte essere la tentazione una prova dell'unirsi l'anima con Dio. "Figliolo mio, entrando al servizio di Dio, prepara l'anima tua alla tentazione." L'essere dunque bersagliata, significa che voi state nella servitù divina c che quanto voi più diventerete amica e familiare di Dio, tanto maggiormente inveirà contro di voi la tentazione. La tentazione è un contrassegno fortissimo che Dio è unito con l'anima. "Con lui sono nella tribolazione."» A Raffaelina Cerase.

«Comprendo che le tentazioni sembrino piuttosto macchiare che purificare lo spirito. Al contrario, non è così. Sentiamo qual è il linguaggio dei santi a tal proposito e a voi basti sapere quello che dice il grande San Francesco di Sales, che le tentazioni sono come il sapone il quale, diffuso sui panni, sembra imbrattarli, in realtà li pulisce.»
A Raffaelina Cerase.

Mt 21,33-43.45
Costui è l’erede: venite, uccidiamolo!

Sentite, padre mio, i giusti lamenti del nostro dolcissimo Gesú: «Con quanta ingratitudine viene ripagato il mio amore dagli uomini! Sarei stato meno offeso da costoro se l'avessi amato di meno. Mio padre non vuole piú sopportarli. Io vorrei cessare di amarli, ma... (e qui Gesú si tacque e sospirava, e dopo riprese) ma ahimè! il mio cuore è fatto per amare! Gli uomini vili e fiacchi non si fanno nessuna violenza per vincersi nelle tentazioni, che anzi si dilettano nelle loro iniquità. Le anime da me piú predilette, messe alla prova mi vengono meno, le deboli si abbandonano all'isgomento ed alla disperazione, le forti si vanno rilassando a poco a poco.
Mi rimangono solo di notte, solo di giorno nelle chiese. Non si curano piú del sacramento dell'altare; non si parla mai di questo sacramento di amore; ed anche quelli che ne parlano ahimè! con che indifferenza, con che freddezza.
Il mio cuore è dimenticato; nessuno si cura piú del mio amore; io son sempre contristato. La mia casa è divenuta per molti un teatro di divertimenti; anche i miei ministri che io ho sempre riguardato con predilezione, che io ho amato come pupilla dell'occhio mio; essi dovrebbero confortare il mio cuore colmo di amarezze; essi dovrebbero aiutarmi nella redenzione delle anime, invece chi lo crederebbe? da essi debbo ricevere ingratitudini e sconoscenze. Vedo, figlio mio, molti di costoro che... (qui si chetò, i singhiozzi gli strinsero la gola, pianse in secreto) che sotto ipocrite sembianze mi tradiscono con comunioni sacrileghe, calpestando i lumi e le forze che continuamente dò ad essi... ».
Gesú continuò ancora a lamentarsi. Padre mio, come mi fa male veder piangere Gesú! L'avete provato ancora voi?
«Figlio mio, soggiunse Gesú, ho bisogno delle vittime per calmare l'ira giusta e divina del Padre mio; rinnovami il sacrificio di tutto te stesso e fallo senza riservatezza alcuna».
Il sacrificio della mia vita, padre mio, gliel'ho rinnovato e se sento in me qualche senso di tristezza, questo è nel contemplare il Dio dei dolori.

A Padre Agostino 12 marzo 1913